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Lei e Montego Bay


Le era bastata un’occhiata rapida e sfuggente dall’opaco finestrino dell’aereo per innamorarsene. Odette sapeva che quello sarebbe stato il suo destino.


Parigina doc, Odette era una giovane donna francese dai sentimenti curiosamente celati. Di professione biologa nutrizionista, riceveva la sua pomposa ed appariscente clientela in un grazioso studio dal profumo di lavanda immerso nella delizia del paesaggio Provenzale, nel sud della Francia. Il nome dello studio era “Le berceau de la nourriture” che letteralmente significa “La culla del cibo” ed era riservato agli ospiti del Garmandine, un resort super lusso oasi di pace, benessere e rinascita.

Gli ospiti della struttura la sceglievano per rimettersi in forma dopo un inverno trascorso negli eccessi, la sceglievano per curare le ferite dello spirito e per ritrovare benessere psicologico. Erano tutti ospiti agiati e facoltosi, fedelissimi del Garmandine, ed entusiasti di ritirarsi tra le sue prestigiose mura due o tre volte l’anno.


Odette si occupava in particolare della loro alimentazione durante i giorni di permanenza al resort, che solitamente erano sempre oltre le tre settimane. Riceveva i suoi clienti, mattina e pomeriggio, li visitava e, tra una chiacchiera e l’altra, suggeriva loro una dieta su misura. Non si trattava quasi mai di diete dimagranti, erano più che altro delle diete bilanciate per uno stile di vita sano ma senza privazioni.

Una volta stabilito il programma alimentare dell’ospite, Odette lo riferiva agli Chef delle immense cucine del Garmandine e così, il soggiorno benessere dei clienti aveva inizio tra banchetti di ghiottonerie biologiche e nutrizionalmente bilanciate.

Odette amava il suo lavoro, l’alimentazione ed in particolare il benessere legato ad un’alimentazione sana, erano da sempre una sua grande passione. La seconda grande passione. La prima era il mare. Quell’ azzurra distesa d’acqua aveva il potere di metterla di buon umore, forse perché le sue origini lo richiedevano. Odette era infatti nata a Parigi, sì, ma solo la madre era parigina. Il padre era invece un ricco proprietario terriero originario della Spagna ma trasferitosi in Jamaica sin da bambino per, a sua volta, affari di suo padre.


Carlos, il padre di Odette, aveva vissuto in Jamaica fino all'età di 22 anni quando, spinto dall'intraprendenza, aveva deciso di visitare le grandi capitali europee per promuovere ed espandere gli affari di famiglia. Aveva funzionato e, ciliegina sulla torta, aveva anche incontrato l’amore: Celeste, quella che un domani sarebbe divenuta sua moglie e madre della sua adorata bambina, Odette.


Nonostante le origini del padre, Odette non aveva mai visitato la Jamaica, il che era assurdo ma non così improbabile. Il padre di Odette aveva infatti bruscamente interrotto i rapporti con la sua famiglia proprio in seguito alla sua scelta di stanziarsi in Francia, a Parigi. Loro l’avevano interpretata come un rinnegamento delle sue origini. Per lui era sempre e solo significato, rimanere fedele al suo grande amore per Celeste.


Nonostante la fredda interruzione dei rapporti con la sua famiglia, Carlos non aveva mai smesso di provare amore per la sua patria, per la sua terra e così, la sera, trovava conforto nel raccontare alla figlia e alla moglie delle sue giornate trascorse a Montego Bay. Raccontava loro del sorriso giocondo della gente del posto, dei profumi delle spezie, dei colori vivaci delle case e del rumore del mare.

Odette ne era rapita e, in segreto, sognava un giorno di poter calpestare lei stessa la farinosa sabbia bianca delle spiagge, di assaggiare i piatti della cucina locale e di visitare quei posti che al padre erano tanto familiari e che lei cercava in sogno ogni notte.

In cuor suo sapeva che un giorno il suo sogno si sarebbe avverato e non si sbagliava. Sarebbe successo il 30 aprile dell’anno 2017.


Ma torniamo per un momento, alla nostra protagonista.


Le sue giornate in Provenza erano certamente interessanti ed affascinanti, cominciavano all’alba con una corsa sul litorale. Proseguivano poi con una rigenerante doccia, la prima colazione e il tram tram della mise en place per il lavoro: un filo di make up, una vigorosa spazzolata ai lunghi capelli castani, la selezione dell’outfit della giornata e degli accessori. Uscita di casa afferrava il manubrio della sua bicicletta blu e con grazia e disinvoltura pedalava sorridendo fino al Garmandine dove iniziava le visite della mattina alle 10 in punto. Terminava le visite della giornata verso le 16 e si concedeva un calice di Champagne a bordo piscina con vista sul mare della Costa Azzurra.

Nel tragitto di ritorno verso casa s’intratteneva con conoscenti incrociati per strada e si dedicava alle varie commissioni quotidiane, la spesa, la banca, lo shopping.


Rientrava a casa all’incirca per le 18, si metteva ai fornelli e sintonizzava la televisione su National Geographic, i documentari l’avevano sempre affascinata. Dopo cena si sistemava sulla terrazza panoramica con una brocca di tisana alla melissa ustionante e, proprio con quel bicchiere di tisana tra le mani, ricordava che la serenità spensierata della sua giornata stava per finire. Tutto si faceva improvvisamente cupo e silenzioso, il sorriso della mattina non accennava ad emergere, la mente pullulava di pensieri e il vociferare dei turisti a passeggio per Le Lavandou, erano un’oppressione per le sue orecchie.

La notte si accingeva ad arrivare e per Odette poteva solo significare che l’agonia e la tristezza delle ore serali, erano ormai alle porte.


Da quell'infernale giorno, il 30 aprile 2017, col sopraggiungere della notte i suoi pensieri viravano verso la disperazione, la depressione. Era una tristezza silenziosa che non si palesava con lacrime o grida, solo con un intenso e soffocante vuoto che premeva all’altezza del seno. Sapeva di cosa si trattava, dopotutto erano due anni che puntualmente compariva notte dopo notte, quella orrenda e crudele sensazione di solitudine che era certa, non l’avrebbe abbandonata mai. Era diventata parte delle routine alla quale Odette aveva deciso di arrendersi la notte del 30 aprile di due anni prima. E le andava bene così. Appagata dall’apparente felicità di giorno. Assuefatta dalla solitudine di notte.


30 aprile 2019,


Quella mattina aprì gli occhi e concesse ad una lacrima bagnata di consapevolezza di scorrerle sul viso. Le permise di scivolare fino a poco sotto la fine del naso e lì la interruppe. Era tempo di alzarsi e vestire i panni sereni e spensierati che portava durante il giorno. E così fece, nonostante fosse proprio quel giorno.

Fette biscottate e marmellata di arance amare senza zuccheri aggiunti proveniente direttamente dalle coltivazioni di agrumi in Sicilia. Doccia, make-up, abito e accessori. Elegante e femminile come sempre, chiuse il cancelletto di casa, impugnò il manubrio della bicicletta e dopo 10 minuti di rigenerante pedalata, ecco che cominciava una nuova giornata lavorativa.

Il suo caffè d’orzo l’attendeva puntuale sulla scrivania e Brie, la segretaria, era come di consuetudine pronta ad aggiornarla sugli appuntamenti della giornata. L’attenzione di Odette ricadde sul nome del primo paziente, non era abituale, anzi era certa di non averlo mai visitato prima d’ora, eppure quel nome le ricordava qualcosa. Qualcosa che apparteneva al passato e che avrebbe appreso non appena alzato lo sguardo sul suo viso. Era Bérard Cluseu, socio in affari di suo padre.

Qualche istante di annebbiamento, la nausea che risaliva e il tremore che avvolse il suo corpo; prima che potesse reagire si trovò distesa sul pavimento dello studio, immobilizzata da quella sensazione di solitudine che fino ad ora aveva conosciuto solo di notte. Capì che era tempo di concedersi di guarire e fu così che lasciò spazio ai ricordi di emergere.

28 aprile 2017, due anni prima


La frenetica mattinata e le infinite corse per portare a termine le commissioni prima della partenza, erano finalmente solo un ricordo. Odette era in estremo ritardo e temeva che l’autista avrebbe aggravato la situazione. Con sua grande sorpresa non fu così, pochi istanti dopo averlo convocato, Louis era ai piedi del palazzo, pronto a sfrecciare in direzione Charles De Gaulle.

Il rumore del citofono strappò un elettrizzato sorriso ad Odette che, senza perdere altro tempo, raccolse i bagagli, chiamò l’ascensore e, giunta al piano terra, si precipitò ad uscire dal palazzo. Era trepidante di emozioni perché di lì a poche ore avrebbe conosciuto la sua tanto sognata Jamaica.

La parte che preferiva dei viaggi in aereo era l’aeroporto stesso, soprattutto una volta superato il check-in, quando poteva girovagare liberamente tra un negozio e l’altro. Nei duty free per esempio, trovava sempre una nuova fragranza da acquistare. Per non parlare delle riviste e dei libri, perdeva il senso del tempo immergendosi a capofitto nelle più svariate trame. Era una gioia l‘aeroporto perché, a prescindere dalla destinazione, essere lì implicava l’imminenza di un viaggio.


Di fronte al display con segnate le partenze, Odette si trovò a riflettere sulla sua immensa passione per i viaggi, cosa che da sempre l’aveva legata ancor più ai suoi genitori, suo padre in particolare, incallito esploratore. Proprio in quel frangete prese il telefono dalla borsa e digitò il numero di Celeste, la madre. Ormai non mancava molto all'imbarco, dovevano già essere arrivati.

La telefonata fu breve, Celeste rassicurò la figlia che di lì a poco sarebbero arrivati e le suggerì, nel frattempo, di cercare il gate per l’imbarco e di mettersi in coda.

Non la trovò una cattiva idea sul momento e così fu quello che fece. Rilesse con attenzione le informazioni riportate sul display delle partenze e trovò il numero del suo gate d’imbarco. Lo raggiunse con molta calma e, una volta arrivata a destinazione, si sedette in attesa dei suoi genitori.


Erano ormai le 17 e alle 17.10 avrebbero aperto l’imbarco. La folla iniziava a mettersi in fila, Odette prese il telefono e chiamò la madre ma non ricevette nessuna risposta. Attese altri cinque minuti e riprovò. Nulla di nuovo. Decise allora di rivolgersi ad una hostess del suo volo per informarla del ritardo dei suoi genitori ipotizzando che probabilmente erano in coda per il check-in.


Ore 17.30, s’illuminò il display del telefono e Odette lesse il messaggio appena arrivato della madre che la informava del loro grave ritardo causato dal socio in affari del padre, Bérard Cluseu. Li aveva trattenuti per delle seccature legali da lui causate, pregando Carlos di aiutarlo a porre rimedio.

Celeste si scusava con la figlia ma la rassicurava avvertendola che un jet della società era già stato riservato e li avrebbe portati a Montego Bay non appena risolta la situazione.

Celeste sapeva quanto quel viaggio significasse per la figlia e non voleva costringerla a rimandare la partenza, così la invitò a prendere comunque l’aereo. Loro l’avrebbero raggiunta nel giro di pochi giorni e la loro vacanza sarebbe andata comunque secondo i piani.


Non poteva fingere che fosse tutto ok, quel ritardo nella partenza dei suoi genitori era un dispiacere, tuttavia il richiamo di quella terra era troppo intenso per ignorarlo, per non parlare poi degli aspetti pratici, aveva già imbarcato le valigie ed era sul ciglio del gate: un po' titubante prese una decisione e salì a bordo dell’aereo.


Dopo 16 ore e uno scalo all’aeroporto Heathrow di Londra era in Jamaica.

Il transfer del Secret St. James, il resort che li avrebbe ospitati per le prossime quattro settimane, era già arrivato ma, prima di salirci a bordo, Odette voleva assaporare per qualche istante quella sensazione di pace, libertà e vita che stava provando: l’aria calda che assaliva il suo corpo, il profumo penetrante dei Caraibi e il sole, più bello che mai, che baciava il suo corpo.

Era arrivata a casa.


Trascorse la prima giornata dedicandosi al mare dei Caraibi e al centro della città di Montego Bay. Passeggiò, incuriosita cercò con lo sguardo di catturare ogni dettaglio di quella terra, assaggiò pietanze e chiacchierò con i locali. Quella prima giornata era trascorsa così rapidamente in preda all'euforia che aveva accantonato momentaneamente la situazione dei suoi genitori. Li sentì solo all'ora di cena e con estrema gioia accolse l’informazione che il padre le aveva riferito: sarebbero arrivati da lei di lì a poche ore, il jet che li avrebbe fatti ricongiungere era in partenza.


30 aprile 2017, il giorno dell'incidente


Quella mattina si svegliò con il profumo di spuma marina, di fiori di banano e di ibisco. Si preparò per la colazione e uscì dalla sua suite.

Le venne incontrò affannosamente il direttore dell’hotel, era paonazzo, bagnato di sudore sul viso e le vene della fronte pulsavano all'impazzata. Con garbo e discrezione riferì ad Odette che aveva delle notizie per lei.

Odette riprese le chiavi, aprì la porta ed entrò in quella stanza che sarebbe divenuta il cimitero della sua felicità. Si sedettero e lui cominciò a raccontare del tragico incidente nel quale i suoi genitori avevano perso la vita. Le raccontò del jet e di come aveva preso fuoco in volo, precipitando nel blu delle acque a largo delle Turks e Caicos, quella mattina, alle prime luci dell’alba.


Tutto diventò buio e da quel momento in poi i suoi ricordi sarebbero stati confusi.


2 maggio 2019, oggi


Stava ripassando mentalmente i passaggi fondamentali della sua imminente partenza: biglietto aereo acquistato, hotel prenotato, valigia pronta e cuore finalmente colmo di fiducia e desiderio di guarire, per lei, per loro, per la Jamaica.


Odette sarebbe partita l’indomani mattina e per un intero mese avrebbe trascorso le sue giornate nella terra del padre, nella terra in cui lei e i suoi genitori avrebbero dovuto trascorrere le vacanze, nella terra che da sempre aveva sentito sua più della stessa Francia. Quella terra in cui la sua vita era stata distrutta due anni prima. Avrebbe trascorso l’intero mese di maggio a curare le sue ferite, affrontando la perdita più tragica che una giovane donna ancora bisognosa di una guida possa provare, quella dei genitori. Avrebbe conosciuto con gli occhi, con l’udito e con il tatto quei posti di cui il padre le raccontava da bambina, avrebbe assaggiato e visitato, pregato e ringraziato, avrebbe ricostruito la sua intera sfera emotiva cullata dal dolce suono delle onde del mare. Avrebbe fatto questo e tutto ciò che il padre aveva programmato per quella loro intima vacanza che non ebbero mai occasione di vivere insieme. L’avrebbe vissuta lei per tutti loro, nel ricordo della sua famiglia.


E lì, tra il sorriso giocondo della gente del posto, i profumi delle spezie, i colori vivaci delle case e il rumore del mare, Odette si ricongiunse con le sue origini, con i suoi genitori tanto amati e tornò ad abbracciare la gioia del giorno, e della notte.

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